I cuori sono fatti per essere infranti., privata.

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¬Kaleb
Posted on 17/4/2012, 03:16 by: ¬Kaleb     +1   +1   -1




Le vacanze di Natale erano agli sgoccioli,ed il castello era completamente vuoto. Gli amici di Kaleb avevano deciso di festeggiare insieme alle famiglie, ma lui, come sempre aveva aveva preferito togliersi dalle scatole l'idea di dover perdersi in convenevoli con cugine ammagliate dal suo sorriso e zie che gli pendevano dalle labbra, per qualsiasi stronzata sparasse a caso. Odiava le feste. Ogni anno, la sua famiglia organizzava veri e propri banchetti che poteva rimembrare di aver incontrato solo nei libri sugli antichi romani. Il continuo susseguirsi di eventi squallidi in cui il miglior completo e la coppia perfetta erano gli unici argomenti in programma, lo annoiava a morte. Andare oltre, abbandonare tutti e restarsene per i fatti suoi al castello era stata forse la pensata migliore. D'altronde, era il tipo di ragazzo che amava la solitudine, nonostante preferisse la compagnia. In oltre, Hogwarts vista sotto quella luce un po' desolante lo affascinava. Nessuno si preoccupava per il coprifuoco e nessun professore lo riprendeva nonostante andasse a dormire poche volte nella propria sala comune. Trascorreva gran parte delle sue giornate in biblioteca, con piccole escapade mirate nella sezione proibita; amava quel ambiente. Era cupo, ma aveva il suo fascino, e la miriade di informazioni a dir poco succose che vi conteneva lo portava ad incatenarsi ai tavoli in legno del grande ambiente ammuffito.
Quella sera però, aveva deciso di farsi una bella passeggiata per i corridoi del settimo piano. Nessuno l'avrebbe disturbato. D'altronde era scientificamente impossibile che il 5% degli studenti rimasti a scuola per le vacanze si trovasse lì proprio durante l'ora di cena. Lo stomaco gli giocava brutti scherzi. Non mangiucchiava niente dal giorno prima. Era stato troppo occupato ad esplorare il castello senza farsi beccare dai professori, e inoltre la sua impresa aveva ricevuto ottimi risultati. Aveva scoperto la stanza delle necessità, un mucchio di aule vuote, adibite alla polvere e al nonnulla e stanze che a detta sua gli risultavano più depositi di immondizia che altro.
All'improvviso sentì lievi passi arrivare dalla direzione opposta; pochi secondi dopo si ritrovò davanti due morette. L'una con la cravatta verde argento legata a mo di fiocco sulla testa, l'altra con la camicetta candida sbottonata. Chiunque avesse prestato attenzione alle pettegole della scuola almeno una volta, sapeva si trattasse di Charlotte Kingsley e Savannah Williams, Serpeverde del sesto, alias migliori amiche per la pelle, alias alcolizzate croniche. Charlotte portava con sé una bottiglia di liquore in mano, barcollando vertiginosamente, Savannah invece, era avvinghiata all'amica cercando di mantenere inutilmente l'equilibrio. Appena lo videro, scoppiarono entrambe a ridere senza un motivo preciso. Blaterarono per cinque minuti di seguito, prima che Savannah cadesse a terra ancora divertita per un motivo che al giovane Matthews sfuggiva.
« Buon Natale Matthews! Alla tua salute! » La Williams, si alzò con incredibile difficoltà, cercando di raggiungere la bottiglia che la Kingsley sembrava allontanare di proposito pur di farsi un'eventuale risata. Oggettivamente nessuna delle due stava bene, eppure Kaleb avvertì una certa goduria nel vederle così. Se un professore le avesse beccate, potevano dire addio alla loro carriera scolastica. D'altronde per la Kingsley, non era neanche la prima volta che si metteva nei guai. Aveva dovuto sopportarla nella propria sala comune per un mese intero. Sarebbe stato divertente, vedere ancora una volta una dannatissima serpe in imbarazzo di fronte a tutta la scuola.
Infine sbuffò alzando gli occhi al cielo, tolse, dalle mani della ragazza la bottiglia, infilandola nella tasca interiore del mantello, si passò un braccio di entrambe le ragazze attorno alle spalle e circondo la vita di ognuna, cercando di reggerle in piedi.
« Ok, lo spettacolo è finito. Vi accompagno alla sala comune prima che avvenga una tragedia qui dentro anche durante le vacanze. »
« Ooooooh ma è carino. Possiamo portarlo a casa? Ho sempre sognato un cane! »
« Matthews, toglimi le mani di dosso, ho già un ragazzo. »
« NO! Non ce l'hai! Hai solo uno scopamico. Iooooo ho un ragazzo! A McFly non gliene frega un cazzo di te! »
« Se non fossi così ubriaca ti mollerei un pugno. »
« Voi due! Zitte un po'! » Le ragazze si guardarono per un attimo con una certa lucidità. Poi tornarono a ridere.
« Seeeeeenti Matthews, la mia amicooooona, si sente un po' sola di questi tempi. Vedi? Il suo... ragazzo... non la soddisfa. Con quella barba d'altronde.... Non è che te la sbatteresti qualche volta così chiude quella boccaccia? »
« McFly ha il cervello fottuto! Cosa avrei detto di male....? »
Continuarono così per tutto il tragitto fino ai sotterranei, tanto che Kaleb si maledì migliaia di volte per non averle lasciate là. Una volta catapultate nella sala comune, girò i tacchi e continuò la sua passeggiata. Giurò a se stesso di non stare mai più così vicino alla Williams o alla Kingsley, tanto meno quando erano insieme e per giunta ubriache. Il giorno dopo, nessuna delle due si ricordò niente, tanto che si sentì in dovere di ringraziare il cielo per avere la possibilità di dimenticare a sua volta tutto.

« Non osare, verme. Non osare parlare di Even o di qualsiasi altra persona a me vicina, o giuro che ti strappo gli occhi dalle orbite. Sei talmente insignificante e immondo che ti permetti di giudicare o semplicemente nominare gente a te estranea. Ti senti forte nella convinzione di sapere realmente cosa succede ? Percepisci la vittoria nel credere che il mio ragazzo sia morto ? Sei meschino e inutile Kaleb Matthews. Ti circondi di amici stolti che si avvalgono della tua falsa popolarità e di un cane che approfitta di te solo per una razione di cibo. Narri le tue gesta da Casanova ai quattro venti giusto per convincerti e convincere di essere qualcuno all’interno del Castello, ma mi dispiace deludere le tue aspettative. Sei solo un lurido bastardo che gode delle angosce altrui e che le usa come carte vincenti, che si presenta come un ragazzo per bene mentre in realtà persino un Troll avrebbe più motivi di esistere. Sei che tu dovresti essere morto, Kaleb. » Lo spinse tanto da fargli risorgere un debole sorriso che aumentò pian piano con il susseguirsi delle parole. Era il discorso di una persona frustrata, al margine della sopportazione che finalmente tirava fuori tutta la sua rabbia. La rabbia vera, quella che sentiva nei confronti del mondo intero per essere stata in un certo senso abbandonata dal proprio ragazzo e forse dal proprio universo. Il dono di Kaleb era ancora una volta lì, pronto a rincorrerlo prima di lasciarsi stimolare dagli impulsi omicidi che provava nei confronti della ragazza in quel momento. Era bravo a leggere le persone e le loro reazioni, tanto che decise di non dare particolare peso a ciò che diceva. Poi improvvisamente gli arrivò dritto un faccia un pugno, che non gli fece male quanto si aspettava. Abbassò lo sguardo, strinse i pugni e rimase immobile per una manciata di secondi. Nel fra tempo, il mondo intero sembrava aver scoperto della lite, tanto che gli studenti più coraggiosi iniziarono ad avvicinarsi, fissando con goduria la scenetta poco piacevole che avevano messo in atto i due ragazzi.
Kaleb si avventò su Savannah, immobilizzandole i polsi dietro alla schiena. Petto contro petto, sentì una sorta di strana sensazione piacevole nel starle vicino. Amava essere combattente delle cause perse; e di certo Williams era una causa persa già in partenza. Avvicinò le labbra all'orecchio della ragazza, affinché solo lei sentisse cosa aveva da dirle.
« Vedi piccola, dovrei essere morto, secondo la tua vaga concezione di giustizia divina, ma sono ancora qui, e fino alla prova contraria ho vinto io. Potrò pure essere meschino ed inutile, ma il problema è che tu non lo sei, per quanto ti ostini a volerlo far credere alla gente. Vedi tutte queste persone che si avvicinano per guardarti? Sono i tuoi amici... e i tuoi nemici... che godono della tua sofferenza. Perché tu soffri, e il tuo discorso da ragazzina frustrata lo ha dimostrato appieno. Prima lo ammetti, meglio è. Questo è un mondo marcio, pieno di meschini, di turbati, di psicopatici. Ma tu non sei una di loro e per quanto proverai a dimostrare il contrario, cadrai solo nel ridicolo. Ecco cosa sei. Ridicola. E sei stupida, perché non capisci un cazzo e non hai la minima idea di come distinguere le persone che ti vogliono far del bene, da quelle che invece ti pugnalerebbero alle spalle anche all'istante. » E così dicendo le liberò le mani dalla stretta di acciaio senza spostarsi neanche di un millimetro.
« Oh, e per l'appunto, tu prova a mollarmi un altro pugno e giuro che non sarò altrettanto delicato con te. Apri gli occhi ragazzina.... e ricorda... »
E detto ciò, si allontanò, guardandosi intorno con disappunto. Odiava quando la gente non aveva da fare altro che preoccuparsi degli affari degli altri. Alzò gli occhi al cielo e fulminò con lo sguardo gran parte della piccola folla che si era creata, tanto da farli allontanare. Sorrise ironicamente tra se e se ricordandosi solo allora di massaggiarsi appena la guancia che la Williams si era preoccupata premurosamente di colpirgli. Si era comportato da stronzo sì. Ma a volte, desiderava che ci fosse qualcuno che potesse dargli una scossa altrettanto forte, tanto da farlo svegliare. Di certo, come Savannah, anche Kaleb era dormiente, e si lasciava trascinare dalla vita passivamente. Negava a se stesso l'evidenza dei fatti; e ancor più grave era che non si trattava solo di una relazione andata in rovina, bensì della propria vita, del destino che avrebbe dovuto portare avanti se si sarebbe trasformato in un mostro.
« Mi dispiace... » Sussurrò in fine, convinto che la ragazza non l'avrebbe sentito. Ma era meglio così. In tanto i suoi amici si erano allontanati, intenti a scappare dalle grinfie di Kaleb che chiaramente avrebbe scaricato tutta la tensione che si sentiva dentro con loro. Scosse la testa tra sé mentre li fissava; si allontanavano a passo sostenuto, guardandosi di tanto in tanto indietro per assicurarsi che non li avrebbe raggiunti. Erano due soggetti, ma erano pur sempre i suoi migliori amici, e doveva ammettere che spesso non era un tipo facile da reggere.
Merda, ho combinato di nuovo un casino!

Scusa lo schifo.
 
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6 replies since 25/3/2012, 19:18   190 views
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