I cuori sono fatti per essere infranti., privata.

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the red woman`
Posted on 16/4/2012, 01:31 by: the red woman`     +3   +1   -1
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blood must have blood;

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È qui infatti, nelle liti di cortile, che l'odio umano si raffina e si esalta fino a raggiungere vette insuperabili, diventa un assoluto. È l'odio puro: astratto, disincantato, disinteressato; quello che muove l'universo, e che sopravvive a tutto.




L’odio non era mai stato un sentimento estraneo alla mia persona. L’oscurità rabbiosa mi accompagnava dall’infanzia definendosi sempre più intrinseca alla mia anima e al mio essere sbagliata, eppure non avevo mai sentito una pulsione terribile tale da farmi tremare le mani. L’uscita monotona a Hogsmeade si stava lentamente trasformando in qualcosa di nuovo e a dir poco spettacolare, ma che nel contempo assumeva una piega fastidiosa. Conoscevo il Grifondoro solo di nomina e i nostri contatti si erano limitati alle classiche occhiatacce tra le nostre Casate durante le lezioni o in Sala Grande. Eppure, irrispettoso e pieno di sé com’era, velocemente eliminava quei limiti senza alcuno scrupolo o contegno.
« Sai, il rito del sesso sfrenato era un passaggio importante per i giovani gentiluomini del Rinascimento. Tuttavia questo non è il Rinascimento ed io non sono un gentiluomo, così come voi non siete donzelle di primo ordine. I miei fedeli amici sono pronti a contraddirmi, ma prima che qualcuno di loro dica qualcosa vorrei farti presente che il mio era un semplice invito pacifico. »
Il tono era pacato e stucchevole a tal punto da farlo divenire palesemente falso. Spostava i suoi occhi bui e famelici sul mio volto impassibile delineato da un sorriso insolente, cercando di coglierne una minima incrinatura che proclamasse la sua vittoria, ma sapevo che il Grifondoro fosse a conoscenza del mio spirito. Tuttavia a mutare in un momento fulmineo fu l’espressione del suo viso. I suoi occhi d’onice divennero sfocati dalla rabbia.
« Perché vuoi vedere del male, là dove il male non c'è? Ti sto solo invitando a bere qualcosa insieme. Di cosa hai paura? Hai forse paura che il tuo ragazzo ti veda insieme a me? Oooooh aspetta! Lui non c'è! »
Sbuffai profondamente annoiata dalla piega quasi scontata della sua accusa, ma prima che potessi controbattere Kaleb riprese ad esprimersi. Piegai le labbra in una smorfia di disappunto.
« Dov'è il tuo ragazzo Williams? Ti ha forse abbandonata? E' morto? »
La freddezza della mia postura parve frantumarsi in pochi secondi. Avevo sempre trovato un retrogusto invitante nelle discussioni accese, mi piaceva ammirare come le persone finivano per accartocciarsi su sé stesse come carta ingoiata dalle fiamme. Infamare il lato personale del nemico era una delle mosse più avvincenti e al contempo ovvie, ma si finiva sempre per andare troppo oltre il limite della sopportazione. Kaleb Matthews non si era solo ostinato a profanare con le sue parole spicciole uno degli elementi sacri della mia esistenza, cogliendo l’arco temporale giusto per giudicarlo, ma provava quasi piacere e speranza nella sua accusa, come se la morte di Even e la mia angoscia fossero una sua intima vittoria personale. Serrai le mani dentro le tasche del giubbotto in pelle nera, tastando il manico della bacchetta con la sinistra. Uno degli amici stolti posò una mano sulla spalla del ragazzo nel vano tentativo di rasserenarlo, ma l’ennesimo lampo di collera fece tremare il Grifondoro. Eliminò la distanza che ci separava, piazzandosi spavaldo a pochissimi centimetri dal mio viso. Sentivo il suo fiato affannoso e caldo posarsi sulla pelle fresca del mio volto mentre tentava d’intimorirmi con la sua figura posta a tale vicinanza. Direttamente proporzionale al ritmo del suo respiro veloce la mia collera cresceva accecandomi.
« Ti senti tanto superiore alle tue amichette? Pensi di poterle vendere solo perché più deboli e stupide. Guardati tesoro! Non sei poi tanto diversa da loro. Andavi in giro appresso a un gruppetto che appena ha trovato qualcos'altro di meglio fuori dalle mura del castello è scomparso. Sei l'unica che è rimasta a sistemare i loro casini. Eppure se ne strafottono di te a quanto pare. Ora rispondi serpe! Dov'è il tuo ragazzo? »
Tutto accadde in fretta. La mano sinistra mollò la presa sulla bacchetta spingendo con violenza il Grifondoro. Le due ragazzine preferirono allontanarsi dalle panchine mentre gli amici restarono impietriti su una di esse. Furiosa mi preparai a colpire nuovamente il petto del ragazzo con maggiore violenza mentre le parole, inarrestabili, uscirono dalla mie labbra in un ringhio furente.
« Non osare, verme. Non osare parlare di Even o di qualsiasi altra persona a me vicina, o giuro che ti strappo gli occhi dalle orbite. Sei talmente insignificante e immondo che ti permetti di giudicare o semplicemente nominare gente a te estranea. Ti senti forte nella convinzione di sapere realmente cosa succede ? Percepisci la vittoria nel credere che il mio ragazzo sia morto ? »
Ormai urlavo, mentre in preda alla collera mi riavvicinavo al giovane. La testa sembrava scoppiarmi dalla rabbia e le spalle incrinarsi al peso del terrore che le parole da lui pronunciate infierivano alla mia mente. Non lottavo solo contro Kaleb. Lottavo contro quella terribile possibilità.
Afferrai con entrambe le mani il colletto del suo giubbotto strattonandolo con forza.
« Sei meschino e inutile Kaleb Matthews. Ti circondi di amici stolti che si avvalgono della tua falsa popolarità e di un cane che approfitta di te solo per una razione di cibo. Narri le tue gesta da Casanova ai quattro venti giusto per convincerti e convincere di essere qualcuno all’interno del Castello, ma mi dispiace deludere le tue aspettative. Sei solo un lurido bastardo che gode delle angosce altrui e che le usa come carte vincenti, che si presenta come un ragazzo per bene mentre in realtà persino un Troll avrebbe più motivi di esistere.»
Diedi un altro strattone al giubbotto avvicinando il suo viso nuovamente al mio.
« Sei che tu dovresti essere morto, Kaleb.» sibilai con gli ultimi aliti di collera prima di mollare la giacca. Arretrai di pochi passi lentamente chiudendo la mano destra in un pugno. Sulle nocche sentii lo zigomo di Kaleb Matthews lacerarsi.


 
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